Questa mattina un gruppo di una ventina di studentesse e studenti dell’Università degli Studi di Urbino ‘Carlo Bo’ sono entrati in silenzio all’interno dell’aula magna della Facoltà di Economia, dove era in corso l’assemblea d’ateneo convocata dal Rettore per comunicare al personale dell’ateneo l’operato della commissione per la revisione dello Statuto, e hanno distribuito un comunicato dal titolo ‘Questa non è un’assemblea, questo non è il nostro Statuto!’ nel quale si denuncia l’iter antidemocratico del processo di riscrittura dello Statuto e si delinea una nuova strategia per il movimento studentesco.
Constata l’impossibilità di collaborare in maniera costruttiva con questo Rettorato le studentesse e gli studenti si danno il compito di svelare le problematiche reali che vive la comunità studentesca al di là dei singoli provvedimenti normativi e delle forme di concertazione istituzionali. Portare avanti un lavoro di inchiesta e di denuncia che apra la strada ad azioni collettivamente determinate è la strada che insieme abbiamo deciso di percorrere. Nel comunicato vengono inoltre aperti alcuni ambiti problematici che vorremmo approfondire rispetto all’operato dell’amministrazione: l’offerta formativa e il servizio di assistenza disabili. Due questioni esemplificative della gestione complessiva dell’ateneo.
“Chi ha scelto di agire il potere in maniera così autoreferenziale si assume una responsabilità che a lungo andare si rivelerà insostenibile. Noi lavoreremo affinché questa insostenibilità diventi evidente. Non saremo vostri complici. […] Il nostro autunno è appena cominciato e la vostra crisi siamo noi!”
Di seguito il comunicato distribuito questa mattina.
Lo Statuto dell’Università degli Studi di Urbino non ci interessa. Un’affermazione difficile da sostenere per chi ha lottato contro la riforma Gelmini e la dismissione dell’università pubblica. Difficile anche alla luce del tentativo fatto dal movimento studentesco di ottenere l’apertura di un processo realmente democratico all’interno della nostra università. Ma, nonostante tutto, rimane l’unica affermazione possibile a questo punto.
Questo statuto non ci interessa perché è frutto di un processo antidemocratico e l’assemblea d’ateneo convocata solo ora dal Rettore non è un’assemblea perché non sarà possibile in questa sede prendere alcuna decisione realmente condivisa. Si tratta per il Rettorato di comunicare quanto è stato deciso tra pochi, dando a questo momento la parvenza di uno spazio democratico. Quando lo scorso anno 500 tra studenti, dottorandi e ricercatori chiesero in un documento congiunto l’inserimento in commissione statuto di una maggior rappresentanza studentesca e di rappresentanze per dottorandi e precari, le proposte formulate non vennero neanche prese in considerazione. I componenti della Commissione Statuto sono stati di fatto scelti dal Rettore e dai baroni più influenti. In una situazione di questo tipo una prassi di tipo emendativo risulta impercorribile anche per i più volenterosi.
Oggi sentiamo il bisogno di ricominciare ad occuparci dei processi reali che stanno sconvolgendo il mondo della formazione ed il diritto allo studio in questo paese ed in questa città. Discutere sui singoli articoli della riforma Gelmini o dello Statuto diventa un esercizio di stile che non ci interessa più. Alla riforma mancano i decreti attuativi, allo statuto i regolamenti, e comunque nessuna di queste norme ci dice che fine farà l’università. Inoltre gli organi accademici di questo ateneo hanno già scelto in diverse occasioni di non applicare norme presenti in statuti, regolamenti, leggi dello stato. Un esempio, tra i più scandalosi, per tutti: nel vecchio statuto del nostro ateneo erano state inserite, per volontà della componente studentesca, delle tutele specifiche per garantire alle studentesse e agli studenti disabili diritto allo studio, alla mobilità e alla piena integrazione (art. 1 comma 8 e art. 4 comma 2). Queste tutele normative, che si sommano a quelle già presenti nella legislazione nazionale, non solo non hanno mai raggiunto l’obiettivo sperato, cioè di implementare i servizi che l’università forniva alle persone con disabilità, ma hanno palesato la loro inefficacia nel momento in cui l’ERSU ha espresso la volontà di non occuparsi più del servizio di assistenza. Ad oggi l’assistenza alle studentesse e agli studenti disabili rimane un problema aperto di cui diremo più sotto. Articoli, commi ed articolati normativi hanno palesato la loro astrattezza, le lotte per i diritti la loro concretezza.
Per quale ragione interveniamo quindi in questa occasione? Per dichiarare pubblicamente la nostra strategia rispetto a quanto sta accadendo nel mondo universitario in generale e nel nostro ateneo in particolare. Non ci lasceremo più ingannare dalle finzioni concertative. Non apriremo nessun tavolo e non parteciperemo ad alcunagovernance (in italiano cupola). Chi ha scelto di agire il potere in maniera così autoreferenziale si assume una responsabilità che a lungo andare si rivelerà insostenibile. Noi lavoreremo affinché questa insostenibilità diventi evidente. Non saremo vostri complici. Per fare questo ci impegneremo in un lavoro di inchiesta e di denuncia. Mostreremo il Re nudo, incapace di gestire i servizi minimi, di garantire la didattica e di dare spazio alla ricerca. Quando lo riterremo necessario costruiremo collettivamente azioni dirette che incidano immediatamente sulla condizione studentesca.Daremo corpo all’indignazione (leggi incazzatura!) che cova in una comunità impoverita, come quella accademica sicuramente ci appare.
L’università viene normalmente considerata il futuro di un paese. Da quanto emerge dal processo attraverso il quale si è arrivati a questa assemblea d’ateneo ed all’attuale formulazione dello statuto risulta evidente quanto preoccupante sia questo futuro. Corporativismo, cooptazioni e assenza di un dibattito pubblico serio e trasparente sono le principali caratteristiche che condannano un sistema che ha perso le sue capacità di progettazione e non riesce più a rappresentare una speranza per i giovani. Se per noi è evidente la dismissione dell’università pubblica, per qualcuno questo momento si sta rivelando un’occasione.
Non è vero che il processo di dismissione dell’università colpisce tutti allo stesso modo. Questa è la prima denuncia che va fatta. Il corpo universitario non è compatto, l’università pauperizzata è un campo di battaglia. Uno sguardo all’offerta formativa della Carlo Bo può dare l’idea di quanto sta accadendo: rispetto all’a.a. 2005/2006, anno in cui si conclude la fase di proliferazione dei corsi di laurea, oggi il numero dei corsi attivati dall’università di Urbino si è dimezzato, nonostante il Rettorato si ostini a mentire. Il problema qui non riguarda solo la riduzione dei corsi, ma il fatto che chiusure e accorpamenti non sembrano assolutamente rispondere a criteri didattici o scientifici. La tanto decantata ‘razionalizzazione’ si sta risolvendo in una spartizione tra poteri accademici che si gioca tutta all’interno dei ‘nuovi’ dipartimenti (guidati da ‘vecchi’ baroni) in gurera tra loro, dove gli studenti non hanno alcuna voce in capitolo e la qualità dei saperi va via via regredendo. Continueremo ad indagare il danno culturale causato dalla chiusura di corsi come quello di filosofia e in parallelo costruiremo, all’interno degli spazi che abbiamo conquistato in questi anni (C1Autogestita e Anfiteatro Liberato del Tridente),seminari interdisciplinari di autoformazione che rappresentino un’alternativa a questa università in decadenza. Meritiamo di meglio.
Questa università ad oggi non è nemmeno in grado di accogliere degnamente persone con disabilità. Questa seconda accusa che muoviamo a chi guida la nostra università non è strumentale, ma nasce all’interno di lotte ed esperienze studentesche che ad Urbino proseguono da diversi anni. Nonostante vi siano, come accennavamo sopra, svariate disposizioni normative volte a garantire pari diritti e pari dignità alle persone con disabilità, oggi queste ultime si vedono di fatto discriminate all’interno del nostro ateneo. Il tavolo di concertazione sull’assistenza alle persone con disabilità, aperto lo scorso anno dopo le proteste studentesche, non sembra esser stato formato per essere risolutivo rispetto delle problematiche che viveva il servizio di assistenza dell’ERSU, di fatto autogestito dagli studenti ma sottoposto a costante minaccia di esternalizzazione (con tutte le conseguenze che quest’ultima avrebbe comportato in termini di distruzione del livello di integrazione raggiunta e di probabile medicalizzazione del servizio), ma per ridurlo ai minimi termini e distruggere quella realtà sociale formata da disabili e assistenti che negli anni ha dato tanto a questa città e a questa università. Quest’anno sono circa la metà i disabili che avranno l’assistenza a seguito dell’introduzione, da parte della commissione disabilità, dei nuovi criteri di idoneità (più restrittivi anche per gli assistenti). Una studentessa o uno studente disabile per avere l’assistenza in questo ateneo deve avere lo stesso reddito di un idoneo alla borsa di studio, altrimenti deve provvedere la famiglia. La nuova commissione medica ha negato l’assistenza a due studenti rispettivamente con il 75 e l’80 per cento di invalidità certificata. I tre studenti disabili iscritti all’accademia di Belle Arti non avranno l’assistenza perché manca un accordo tra le varie istituzioni. E in tutto questo l’università non ha ancora elaborato il bando per i tutor didattici. Risultato: il servizio di assistenza non c’è anche se studentesse e studenti sono già arrivati e l’assistenza viene garantito dai rapporti di amicizia, dalla solidarietà e dal volontariato di altri studenti. A breve produrremo un’analisi dettagliata del percorso affrontato in questi ultimi anni dai disabili ad Urbino, ora ci premeva segnalare l’indecenza di una situazione di questo tipo, frutto di scelte che non hanno tenuto conto delle proposte che provenivano dal basso.
Chiudiamo annunciando la convocazione di un’assemblea generale studentesca per mercoledì 12 ottobre alle ore 21 presso l’Anfiteatro Liberato del Collegio Tridente. Riapriremo in quella sede alcune delle problematiche che colpiscono la comunità studentesca: lo ‘snellimento’ a cui sono sottoposte le borse di studio e l’inserimento di procedure di indebitamento studentesco, l’incertezza riguardo il futuro della convenzione sul trasporto degli studenti (anche di quelli disabili) che rischia di scomparire da gennaio, la condizione degli alloggi e il regolamento abitativo, l’aumento del costo della mensa e la qualità del servizio e tutto quanto emergerà nella discussione.
Il nostro autunno è appena cominciato e la vostra crisi siamo noi!
Le studentesse e gli studenti in mobilitazione