Come studentesse e studenti dell’Università “Carlo Bo” di Urbino riteniamo necessario affermare la centralità della comunità studentesca in una città che regge la propria vita economica sull’università e su chi la vive. Gli studenti pagano gli affitti, consumano nei bar, nei supermercati, nelle librerie, usufruiscono dei trasporti, ecc; per garantirsi una vita dignitosa durante il proprio corso di studi lavorano, qui e altrove, contribuendo così alla vita economica del territorio. Moltissimi studenti dunque, oltre a studiare, vivono la città nel suo complesso, come persone.
Il problema nasce nel momento in cui a questa “partecipazione tutta economica” non corrisponde una altrettanto ricca partecipazione al tessuto relazionale e sociale della città. Con ciò ci riferiamo all’assenza di qualsiasi politica attiva di integrazione della comunità studentesca, al paradosso di un “città campus” in cui nulla è pensato per gli studenti, ad una città in cui l’offerta culturale e relazionale rivolta a noi studenti rimane, mestamente, affidata alla frequentazione di bar e locali privati.
Altra nota dolente è che, in questo nulla, l’unico atteggiamento da parte dell’amministrazione e della cittadinanza è la criminalizzazione e la denigrazione della figura dello studente tramite campagne a mezzo stampa e azioni repressive per mezzo delle forze dell’ordine. Prendiamo parola in questo momento per far fronte all’accanimento che negli ultimi tempi viene rivolto alla comunità studentesca da parte di giornali, amministrazione e dalle autorità di pubblica sicurezza. Il giovedì sera la piazza viene presidiata da digos, carabinieri, guardia di finanza e camionette del reparto celere (senza oltretutto ottenere risultati che giustifichino tale dispiego di forze), sui giornali si punta il dito contro i “turbolenti studenti dell’ateneo urbinate”, l’amministrazione non fa nulla per promuovere spazi di aggregazione alternativi alla solita piazza del giovedì.
Non accetteremo la militarizzazione della città e dei nostri spazi, che vanno invece estesi, tutelati e fatti rivivere. Non esiste in città nessuno spazio dedicato alla possibilità di esprimere il nostro valore aggiunto per questo territorio. Non esistono politiche sociali atte al coinvolgimento degli studenti nella vita culturale della città. Non esistono strutture sportive pubbliche e liberamente accessibili nè spazi espositivi per i giovani artisti. Non esistono bacheche pubbliche a disposizione degli studenti e non esiste la possibilità di poter usufruire gratuitamente dei locali comunali per svolgere le svariate attività sociali, culturali e politiche che coinvolgono la comunità studentesca oltre gli orari di chiusura dei locali universitari.
Ciò che intendiamo portare avanti non è quindi un discorso meramente economico ma riguarda la messa in discussione di quel rapporto studenti-città che negli anni si è andato sempre più sterilizzando, riducendo la comunità studentesca a semplice utente del “prodotto università”. Tempo fa il rettore esprimeva pubblicamente, su tutti i quotidiani locali, soddisfazione per l’aumento delle immatricolazioni e ne assegnava i meriti alla qualità dell’offerta formativa. Il dato sarà anche importante ma sappiamo benissimo che ad una seria e scientifica offerta formativa l’ateneo urbinate ha rinunciato da tempo. Insomma, il marketing forse funziona ma le bugie hanno le gambe corte. La chiusura di dodici corsi di laurea e la scomparsa di ogni prospettiva lavorativa qui ad Urbino (dentro e fuori l’università) una volta completati gli studi ne sono la riprova.
A questa delicata situazione si aggiunge l’aggravarsi delle condizioni materiali degli studenti. Con l’irrompere della crisi e delle politiche di austerity che ne sono conseguite, il vissuto studentesco è segnato dalla perdita progressiva di servizi e diritti garantiti fino a qualche tempo fa.
Il taglio alle borse di studio, che l’anno scorso ha riguardato il 50 % degli aventi diritto continua quest’anno a far sentire il proprio peso. Se è vero che tutte le richieste verranno soddisfatte con la copertura dei servizi di vitto e alloggio è altresì vera la scomparsa della parte di borsa che veniva erogata in contanti, prevista fino ad un anno fa nel bando per i borsisti. Si tratta di circa 1500 euro letteralmente tolti dalle tasche degli aventi diritto.L’ERSU si fa promotore di una gestione aziendale del diritto allo studio e le borse di quest’anno sono nient’altro che un tentativo malcelato di sedare la protesta sul nascere, considerato che si tratta di un diritto garantito a metà, quindi un diritto non garantito.
Alla progressiva riduzione dei finanziamenti per il diritto allo studio si associa poi la campagna di Banca Marche sui prestiti fiduciari (sponsorizzata paradossalmente dall’ERSU). Questi prestiti sono il primo passo verso l’indebitamento studentesco, ottima sintesi di un paese allo sbando in cui l’unica possibilità che viene offerta ai giovani è quella di diventare “imprenditori di se stessi” in un deserto di opportunità. Va da se che in un periodo in cui il lavoro tutelato e garantito è sempre più un miraggio si tratta di un investimento a perdere. Esempi del disastro sociale che questi prestiti producono per le nuove generazioni ne abbiamo diversi, sia nei paesi anglosassoni dove questo sistema ha già fallito, ma anche, più recentemente, nei paesi latinoamericani, Cile su tutti. Vergognosa appare la posizione dell’ERSU e dei suoi dirigenti, che dimenticano quale sia il ruolo di enti pubblici e di amministratori della cosa pubblica. Promuovere una campagna di indebitamento studentesco gestita da Banca Marche, che rappresenta esclusivamente interessi privati, significa tradire il proprio mandato pubblico.
Emblematiche della condizione del diritto allo studio e dell’accoglienza in questa città sono poi la questione dei disabili e quella dei trasporti. A ricevere l’assistenza saranno la metà dei disabili che ne usufruivano lo scorso anno, e diversi di questi studenti sarebbero impossibilitati a proseguire gli studi dignitosamente se non fosse per quell’assistenza fornita a titolo di volontariato dagli studenti che si sono occupati in questi ultimi anni della questione disabilità. Per quanto riguarda i trasporti la convenzione che permetteva di usufruire di prezzi agevolati è saltata per volontà di Adriabus, di cui il comune è azionista di maggioranza. Diverse linee e corse saranno soppresse ed ancora una volta a pagarne le maggiori conseguenze saranno le fasce più deboli della comunità studentesca.
Queste le nostre ragioni. Queste le rivendicazioni che da tempo portiamo avanti e dalle quali quest’anno vogliamo ripartire. Le dinamiche di emergenza sociale stanno investendo il paese: il dilagare di un precariato che investe la maggior parte della nostra generazione divenuto già status quo, l’annullamento dei diritti sindacali conquistati in anni di lotte, la perdita di ogni sovranità e autonomia decisionale sulle questioni economiche e sociali del paese. I problemi sopra elencati ne sono un riflesso immediato ed un segnale allarmante. Su queste dinamiche vogliamo aprire un dibattito pubblico e partecipato, fuori da quei palazzi in cui siamo stati ripetutamente presi in giro e dove si è dimostrata l’inadeguatezza della classe dirigente rispetto alle più elementari rivendicazioni dei movimenti sociali, stabilendo di fatto il fallimento di ogni pratica concertativa. Pertanto intendiamo costruire un’alternativa partendo dalla riappropriazione delle piazze e delle strade, costruendo pratiche politiche che sappiano coinvolgere studenti e cittadinanza in una mobilitazione permanente contro la deriva neoliberista travestita da misure anticrisi che minaccia lo stato sociale del paese e a difesa di questo territorio.
SENZA DI NOI URBINO MUORE
SENZA DIRITTI NON C’E’ DEMOCRAZIA
Le studentesse e gli studenti di Urbino in mobilitazione